Ribellione non è sinonimo di libertà. L’obbedienza, come valore di una vita. L’obbedienza nel nostro quotidiano nei nostri gesti e in quello che facciamo. Obbedire con amore e con gioia. Nell’obbedienza non troviamo amarezza, anzi diamo un valore profondo ai nostri gesti. Proprio osservando le monache di clausura, mi solletica il pensiero di quanto sia importante recuperare ai nostri giorni il senso e il valore dell’obbedienza, anche attraverso un semplice gesto.
Il fare operoso nella loro semplicità di queste monache, che prima di essere religiose, sono donne: l’obbedienza che trafigge con amore ogni gesto.
Quanta rettitudine che da un senso al loro operato.
Noi tutti dobbiamo stare a delle regole anche se non lo vogliamo ammettere. Ci si ferma a un segnale di stop o a un semaforo rosso. Trasgredire la regola, porterebbe ad un alto rischio, anche in termini di vite umane. Quindi viviamo nelle regole, come loro. Non si può non credere che di fronte ad una prostrazione, piena di gioia, non ci sia qualcuno a cui chiedere perdono e ringraziare.
Ai vespri di domenica pomeriggio, presso il monastero di clausura delle Clarisse Cappuccine, intravedo da dietro la grata la genuflessione (quasi una vera e propria prostrazione) prolungata di una monaca, davanti al crocifisso. Non c’è sudditanza in quel gesto. È troppo bello e naturale per essere imposto. In quel gesto passa tutta la gioia e il rispetto per l’Altro. Ecco il rispetto per l’Altro. Sicuramente una genuflessione/prostrazione non aiuterà a credere chi non crede, ma di certo aiuterà a credere nel rispetto verso l’Altro.