“Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente e il prossimo tuo come te stesso” (LC 10,27-28)
Vengo a conoscenza della figura di suor Maria Benedetta attraverso le mie ricerche in rete. Sono un cacciatore del sacro nel web. Mi decido e mando un’e-mail all’indirizzo indicato sul sito della diocesi di Varese, chiedendo se fosse possibile raggiungere suor Maria Benedetta per una breve intervista. A distanza di qualche giorno, ricevo una telefonata sul mio cellulare. Sono emozionato alla sola visione sul display del mio telefono del prefisso (0332) numero che contraddistingue telefonicamente la città di Varese e provincia.
Non avendo contatti su Varese penso subito alle clarisse cappuccine del monastero di S. Chiara e Francesco.
Le monache clarisse cappuccine (in latino moniales clarisae cappucinae o Ordo sanctae clarae capuccinarum) costituiscono un istituto femminile di vita consacrata della Chiesa cattolica: le religiose dell’ordine antepongono il nome Maria davanti a quello di battesimo, in segno di dedizione.
Pronto: “pace e bene sono suor Maria Benedetta”. Una voce con un suono pacato si annuncia con il “pace e bene” il saluto che contraddistingue l’appartenenza francescana.
Non mi sembra vero. La prima volta in vita mia cui ho il piacere di parlare con una monaca di clausura.
Iniziamo a conoscerci telefonicamente e a suo malincuore mi avverte che momentaneamente non è possibile rilasciare interviste. Mi lascia comunque una porta aperta e mi dice che se ho il desiderio di conoscerla può fissarmi un incontro in monastero per venerdì 18 novembre in quanto successivamente non sarà possibile perché si entra in tempo di avvento.
I periodi di avvento e di quaresima sono momenti molto importanti nella vita contemplativa.
Avverto subito Marisa la mia dolce metà, la quale mi seguirà e condividerà con me l’incontro e il percorso che forgerà la nostra amicizia con Sr. Maria Benedetta.
Giunti in quel di Varese presso il monastero di S. Chiara alle prime ore del pomeriggio, dal citofono una voce scandisce il “pace e bene” onnipresente prima di aprirci il cancello.
Il monastero non è fuori dal mondo come si potrebbe pensare o immaginare, ma entrando si ha la sensazione di varcare un’altra dimensione. È ubicato in una zona urbana con parecchie abitazioni ed esercizi commerciali nelle vicinanze. Una vera oasi di pace in questo deserto di modernità.
Entriamo: Marisa calma e gioiosa come di consueto, mentre io trepidante e al tempo stesso ilare di poter conoscere la sorella clarissa cappuccina.
Nel parlatorio alla nostra sinistra una grande stanza, ci accoglie da dietro alla grata Sr. Maria Benedetta. Eccola leggiadra nella sua tonaca con cingolo ai fianchi, un viso splendido immacolato come il soggolo di color bianco posto sotto il velo che le copre la testa. Sono quasi imbarazzato di fronte a lei ma al tempo stesso percepisco il piacere per la purezza e intensità dell’amare che emana.
Le stringo timidamente la mano da dietro la grata. L’autunno non è più alle porte e i primi freddi iniziano a farsi sentire. Il giorno dell’incontro è una giornata uggiosa tipica autunnale: usa subito un tocco di delicatezza e per questo mi chiede scusa per le sue mani fredde.
Si prende subito cura della nostra ospitalità e chiede se vogliamo prendere un caffè. Qui si apprezzano anche i gesti più semplici, l’offrire ristoro al pellegrino, con una tazza di caldo caffè e delle dolci meringhe ci si sente subito avvolti nel tepore di casa. Penso che è una di noi, giovane (ha passato i trenta da non molte primavere), ha vissuto il mondo che viviamo noi prima di entrare in clausura e allora mi faccio coraggio e inizio con una serie di domande, ne avrei tante, la mente divaga. Lo spirito di iniziativa di Marisa naturalmente è determinante; lei spiana la strada e io la seguo.
In dono abbiamo portato una croce di Francesco Tuccio, realizzata con i legni delle barche dei profughi giunti a Lampedusa. Lei, Sr. Maria Benedetta, porta una croce enorme al petto, ci dice ricevuta in regalo dalla sorella gemella. Sentire parlare Sr. Maria Benedetta è come fare un bagno nelle pagine del vangelo. Tiene molto alla parola della sacra scrittura e al verbo che si è fatto carne, in verità, lo usa spesso prima dell’inizio di ogni discorso.
Domando com’è possibile pregare per noi che viviamo fuori dalla clausura, sommersi dai nostri impegni e avvolti dalle nostre quotidianità. La risposta non tarda a giungere e mi trovo spiazzato ma stracolmo di ricchezza nell’udire la sua risposta suadente: “raggiunto un certo livello di consapevolezza, ogni azione diventa preghiera”.
La sua non è saggezza da biglietti dei baci Perugina bensì la consapevolezza di una cristiana che si impegna a vivere in modo radicale il battesimo; come narra la leggenda della farfalla bisogna bruciarsi dentro la preghiera, immergersi come in una fiamma che consuma.
Sorride, non giudica e sa ascoltare. Colpisce la sua pacatezza e gentilezza risoluta. Non c’è scampo: si rimane attoniti di fronte alla sua grazia.
Il tempo vola e sono già trascorse due ore dialogando intensamente.
Vorrei chiederle una miriade di altre cose è stimolante confrontarsi con una mente così equilibrata e un’anima così sensibile. L’attende la celebrazione dei vespri alle 17.45 insieme alle altre sorelle, è giunta l’ora di congedarci ci sarà sicuramente occasione di approfondire attraverso l’amicizia cristiana che verrà e che è nata.
Come ha detto dal primo incontro: “nulla accade per caso”. Queste parole le ho impresse, prima che nella mente, nel cuore.
Afferma con certezza che la testimonianza più grande è incontrare persone in cui il vangelo si fa carne. Io e Marisa l’abbiamo trovata una di queste persone, sei tu cara Sr. Maria Benedetta.